Romeo è un blando tifoso del Botosani
Fotbal Club (non ridete, preliminare di Europa League fino al secondo turno),
ma la sua maglietta nera ha stampato in caratteri rosa una frase complicata e pomposa secondo cui Dio è grande e il Palermo calcio è il suo profeta. Capiterà che si incontreranno, il Palermo Calcio e il Botosani Fotbal Club, in qualche
turno agostano di una coppa minore, in un’annata fortunata per entrambe, per un colpo di cabala all'incrocio della vita di Romeo, senza che la sua mente un poco depressa e stanca ne rimanga particolarmente colpita, immersa com'è nelle otto ore di lavoro al giorno per 25 euro e un occhio al gratta e vinci del Chupa Chupa per svoltare davvero, prima o poi.
La maglietta di Alina è di un
cotone troppo leggero, anche per un tiepido novembre vissuto a lavorare sotto la plastica e a passeggiare su un
lungomare di dune. Alina ha finissimi capelli biondi e un viso da madonnina del
quattrocento. Se si inginocchiasse a mani giunte davanti alla croce che
campeggia su molte serre, la scritta sulla sua maglietta suonerebbe davvero come
una preghiera che implora: “I’M NOT A ESCORT”
Sulle maniche corte di Luminita corre
in verticale sul grigio la scritta PERONI, perpendicolare a un sorriso inarrestabile. Sabato
Luminita si sposa e ha deciso di fare la lista nozze al Presidio. Vuole un
tappeto per terra, un tappeto per il tavolo e un tappeto per il letto. “Un
tappeto?” chiedo non molto convinto di aver capito bene, mentre rovisto tra i
cenci da suk arabo ammassatisi da migliaia di cambi d’armadio, in cerca di qualcosa di salvabile.
“Tu sei uomo, non capisci,
chiamami la ragazza”. E la ragazza torna sicura dal magazzino (che poi è
una cucina) con un copri tavolo di merletti bianchi ricamati a mano, un copriletto di panno
pesante dai colori scuri e un incredibile tappeto (ah – ah) di pelo folto color arancione,
vestigia di un raid in India di qualche Renault 4 e che piace,
incredibilmente, tantissimo e certifica irrefutabilmente che sono un uomo e non
capisco. Arrivano pure gli invitati e vogliono scarpe eleganti per la cerimonia. Stanno
lì tutti insieme, sposa e ospiti, senza l’ipocrisia di fingere benessere gli uni agli altri, contenti di mostrarsi finti per un giorno soltanto,
obbedendo al codice di una festa, come un carnevale ulteriore.
Alì è indubitabilmente
maomettano, ma ha il fisico e il viso di un Buddha a cui si è fulminata l’illuminazione.
Non riesco a trovare una maglietta della sua misura: “Mi dispiace Alì, non ho
niente per te”.
La sua faccia senza sorriso si
rivolge a Dario, assediato all’angolo del Presidio da richieste che
necessiterebbero, più che studi di giurisprudenza, entrature in paradiso: buste paga da
recuperare, consulenti recalcitranti, anticipi che non fanno mai uno stipendio,
notizie sul rinnovo dei permessi di soggiorno come dispacci da un mondo sotto a
un diluvio.
Alì vuole sapere da Dario se può dichiarare di essere residente al
Presidio. “No - mi intrometto io - il Presidio non è un’abitazione, mi dispiace".
Nella stanza della lista nozze
c’è grande eccitazione. Si scopre che una delle volontarie della parrocchia
aveva un negozio di abiti da sposa e diverse giacenze in magazzino. Si sta
organizzando una prova vestito per il pomeriggio successivo, si celebra il trionfo della femminilità. Sarà una bella
festa.
Alì adesso prova a fare da
mediatore per un connazionale che non parla italiano.
“Non può rinnovare il permesso se
prima non trova il lavoro” prova a convincerlo Dario. E siccome ci guarda come se avessimo un conto in sospeso con lui, giungo a rinforzo: “Lo so che è un bravo ragazzo, ma la legge è questa”.
Alì mi guarda con grande
stanchezza, la maglietta sformata che non è riuscito a cambiare sembra unta di terra: “Ma non puoi
stare zitto, tu? Non sei l’avvocato e la tua borsa è solo piena di no.”
Ci resto male solo inizialmente, giusto il tempo di scendere dal piedistallo costruito con le ore di straordinario non pagato, i rientri a notte fonda, le albe color zafferano, i corsi di formazione in giro per l'Italia, insomma il mio modesto podio da cui additare a tutti l'ingratitudine del mondo. Scendo, dicevo, e mi ridico che noi operatori sociali siamo come irriducibili Bocchedirosa che lo fanno per passione. Dico ad Alì di aspettare, che chiederò alle volontarie, che sono più brave di me, di cercare ancora e meglio una maglietta pulita della sua misura. Chissà se qualcuna delle donne al suk arabo che poi è un magazzino che poi è una cucina trova anche per me una una maglietta con su la scritta: "I'M NOT A ESCORT"