Come i tanti teen-ager tatuati e spavaldi
che le chiedevano adoranti l'autografo, anche noi l'abbiamo riconosciuta
subito. Quella ragazza in bikini, pareo e piedi nudi sulla spiaggia affollata
di Marina di Acate, la spiaggia che per otto mesi abbiamo guardato deserta e terrosa, è
l'estate.
In piedi in riva al mare si spalma addosso
crema solare rubata a un tramonto violaceo. Ogni tanto, con aria annoiata,
guarda i figli che con paletta e secchiello effettuano il paziente travaso di
ogni anno. Da una parte i turisti in arrivo, pantofole e seconde case, e
dall'altro i lavoratori delle serre che vanno via contando i risparmi e le ernie, le borse
e i giocattoli di seconda mano che porteranno ai parenti in patria.
Per chi le può ascoltare molte voci
parlano di questo travaso: le serre che si scoperchiano senza svelare, tuttavia, il mistero dei braccianti, la nebbiolina che si alza dal mare e rende
evanescente l'orizzonte del polo petrolchimico di Gela, le iridescenze degli oli che
tralucono in superficie sul mare, i bambini tutti uguali e abbronzati, gli
accenti dei bagnanti, il boato che viene dal mare, le luci nelle case, gli
chalet in cui gli ultimi stranieri rimasti sono le ragazze dietro al bancone,
l'odore di Coppertone in lotta disperata con quello delle fumarole.
E ora che Marina di Acate ritorna agli italiani,
Presidio è rimasto un luogo vuoto e afoso in cui gli armadi aperti, sbarazzati dei
vestiti, sussurrano in loop "Estate" di Bruno Martino.
È tempo di sospendere la nostra
navigazione sottovento. È tempo di portare il Berlingo alle cure di un accaldato carrozziere. È tempo, insomma, di ferie. Un ottimo espediente per dare governo al caos e tenerlo distante da
noi per un paio di mesi.
Nel frattempo, se proprio non riuscite a
trovarlo nei cinema all'aperto (e sarebbe un incredibile scandalo), potete
poggiare il puntatore del mouse sul link al video di Marida Augusto e MaxHirzel sulle attività di Presidio che è stato girato a Marina di Acate e
Castelvolturno.
Da oggi anche questo blog va in ferie,
magari recuperando (ma senza impegno) vecchie storie dei mesi trascorsi.